Teatro Carignano Torino- Riccardo III

Il cattivo è un super-eroe, spietato ma seducente. E’ il mondo dei cattivi che diventano eroi. Ognuno diventa Riccardo III pur di raggiungere il potere, il tiranno è un anarchico incoronato, la ferocia mascherata da comicità latente.

Un adattamento assai, assai libero del Riccardo III shakespeariano, la riscrittura tanto si distanzia quanto gli elementi shakespeariani ritornano nel cross-over dei personaggi e nella brama del potere.

Tutta la vicenda si svolge in uno chalet invernale in alta montagna, lo spazio ristretto costringe ad un contesto di alienazione in cui si sviluppa la grande follia. Riccardo si esibisce fra finzione e performance in soliloqui rivolti alla platea, bramoso e assassino, mentre una cortina trasparente si alza e abbassa fra palcoscenico e attori, muovendo, Riccardo, tra i vivi e i morti come un deus…mentre i morti si accatastano in un angolo del palcoscenico.

Si alternano riprese cinematografiche grottesche e surreali all’interno di un auto, ma di cosa è capace l’umanità nella sua incessante e sanguinosa ricerca del potere? Che cosa vuole dirci l’allestimento dello spettacolo? … Racconta vicende che spesso accadono, un testo attuale ed estremo.

Paolo Pierobon (Riccardo III) crudo e grottesco, all’inizio in proscenio con fare affabile e ironico ci illumina sulle sue future nefandezze, poi nella durata dello spettacolo altera con incoerenza il suo personaggio restituendolo al pubblico con una forza anticonvenzionale rispetto alla rappresentazione logica: e qui troviamo Shakespeare.

Il lavoro di adattamento del testo è stato immenso: la riduzione del numero dei personaggi, prima di tutto, ricreati che potessero essere riconoscibili nella contemporaneità; il ruolo della donna assai differente da quella shakespeariana, il linguaggio, tra l’arcaico e il moderno, visto come falsificazione, la parola non comunicazione bensì mistificazione.

Un cenno alla figura femminile…rintrodotta per sottolineare la sua esposizione alle lotte politiche ma priva di mezzi per esercitare il suo potere, fino ad arrivare al finale, inaspettato, Elisabetta( Elisabetta Mazzullo) un po’ profetessa un po’ Cassandra immagina scenari aperti: cos’è il potere nella nostra attuale situazione, i personaggi pensano ciò che dicono o semplicemente manipolano? Elisabetta sfida…

Un ruolo importante all’interno della scatola scenica è il Video: discreto non invadente, un filtro costantemente presente fra noi e i fatti: il potere dei mass-media, la comunicazione che inganna, e, in ultima analisi è lo spazio non concreto per poter raccontare avvenimenti che non accadono hic et nunc.

Non possiamo non parlare di Buckingham (Jacopo Venturiero) il personaggio del “come”… come raggiungere il potere. Colui che si occupa della macchina del fango: verità celata e verità raccontata, ma, anche lui, avrà un punto oltre il quale non potrà andare…la speranza.

a cura di Edwige Mormile

con

Paolo Pierobon ( Riccardo)

Elisabetta Mazzullo (Elisabetta)

Jacopo Venturiero (Buckingham)

Francesco Bolo Rossini (Edoardo- Il presidente della corte suprema)

Stefano Guerrieri (Clarence – arcivescovo)

Lisa Leandro (Anna)

Matteo Alì (Hastings)

Nicola Pannelli (Stanley)

Manuela Kustermann( Cecilia)

Marto Pizzigallo ( Margherita)

Alberto Boubakar Malanchino ( Rivers- secondo sicario- Tyrrel)

Nicola Lorusso ( Catesby- primo sicario)

in video

Alessandro Bonardo (Eddy)

Tommaso Labis(Ricky)

regia Kriszta Székeli

scene Botond Devich

costumi Dora Pattantyus

luci Pasquale Mari

suono Claudio Tortorici

video Vince Varga

assistente luci Gianni Bertoli

produzione TST di Torino

Teatro Stabile di Bolzano

Emila Romagna Teatro Nazionale

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Zuleika apre gli occhi

La Grande Madre Russia è immensa! raccoglie in sé l’umanità, le religioni, i paesaggi diversi, ed è tutto così multiforme e variegato che viene spontaneo chiedersi come può essere un unico Paese…Mongoli, Caucasici, Euroasiatici, Siberiani, Baltici, Greci della Crimea, pallide donne Carcasse, turchi dal cappello di astrakan, suore ortodosse, bei visi, di un popolo che ha conosciuto la sofferenza come pochi altri.

Zuleika è essenziale, proporzionale alla sua minuta e granitica figura, perfino le parole sono parche, ma il suo pensiero è fulminante, pragmatico, acuto…armato alla sopravvivenza: a un marito-padrone, a una suocera sadica, al gelo, alle malattie, ai lutti…ci insegna che si può sopravvivere a tutto…sopravvivere…

gli occhi di Zuleika sono enormi obiettivi per una ripresa cinematografica, un affresco sulla Russia che sta divenendo Unione Sovietica, i grandi stravolgimenti della storia che riportano allo status quo, cambiano solo i Padroni, più crudeli, più arrabbiati, più spietati…

Una lettura paratattica, lucida, appassionante dove il fil rouge della protagonista funge solo per illuminare gli altri protagonisti, tratteggiati finemente e animati di una potente vita propria.

Non è un romanzo d’amore, no, lo renderebbe banale e non credo sia questo l’intento, è un romanzo storico dove date, politica, battaglie costituiscono la quinta, una quinta ingombrante e silenziosa che dialoga con ogni personaggio.

Da leggere! Bellissimo!

La Legge della Parola

Massimo Recalcati

“Mangia con gioia il tuo pane

Bevi tutto il tuo vino

In ogni momento della tua vita vestiti a festa”

Iniziare a raccontarvi questo testo mi agita un po’…ed arriva quando mi chiedo del perché ogni giorno devo darmi gioia e soddisfazione… Da tutta la vita, da ragazzina, sono alla ricerca del Dio, o come diceva mio papà del senso dell’esistenza, complice proprio il genitore che mi regalava all’età di quattordici anni Confucio o Nino Salvaneschi, o la biografia di Freud, o litigavamo parlando di Bertrand Russel, che lui non amava… sta di fatto che non sono stata cresciuta come una calvinista, ma con un inno continuo alla vita, tant’è che sognai Gesù Cristo che mi diceva, mentre trascinava la croce sul sacrato di una chiesa, divertiti che la croce ci sono già io che la porto 😂 non vi sto a raccontare l’ilarità generale che suscitavano i miei deliri mistici! ma con gli anni, gli studi infiniti, gli psicoanalisti per scavare sempre più in fondo trovai qualche risposta.

Massimo Recalcati, illuminato studioso, filosofo, in questo testo traccia i confini e i parallelismi tra il sacro e il profano, tra le radici bibliche e la psicoanalisi, “la legge della parola” il vecchi testamento, la torah, cos’è la legge cosa sono le regole, la legge non è la regola, quest’ultima è sempre un impedimento anche se a fin di bene, anche se necessaria alla vita, la legge, invece, deve essere scritta nella carne e nel cuore: ce la ricordiamo tutti la storiella dell’albero della conoscenza, la prima grande trasgressione dell’uomo, accedere al “tutto”… ma procediamo con ordine: c’è Abramo, che assolutamente nei testi non si traduce con “maschio” bensì “umano, terrestre”: l’umano nella solitudine è triste perché è solo, la sua parola è abbandonata, non ha nessuno che lo ascolti, l’essere umano nella sua solitudine si spegne, la relazione dà luce alla vita; immaginiamo il movimento di Dio, si rivolge al terrestre con pietà ed inventa Eva… chi è Eva? è il nome della relazione, senza la relazione della parola l’umano muore, ed è da questo desiderio che prendiamo la famosa costola, e voilà … dobbiamo assolutamente precisare che non c’è arroganza androgina, tipica poi successivamente del mondo greco, qui, nel testo biblico, è amore, qui uno è uno e non si fa da due uno: Platone&C.

Attenzione! il Signore ci dice – Potete godere di tutto ma non del tutto- Il serpentello sussurra, Dio è egoista, vuol tenere tutto per sé, se voi ne mangerete diventerete Dei! La lusinga del serpente, è la lusinga della deificazione dell’uomo.

L’unico peccato vero è credere di essere Dio!

Pensiamo all’attualità, avere nelle mani il mondo, il potere…

Quindi quello che Recalcati ci chiarifica è che la legge porta sempre con sé l’esperienza dell’impossibile

è impossibile avere tutto

è impossibile essere tutto

è impossibile dire tutto

Ed è proprio questa impossibilità che educa al senso della legge, scolpita nella carne e nel cuore, la vera trasgressione è il desiderio di diventare Dio.

Pensiamo al popolo di babelici, ci suggerisce Recalcati, prima il testo biblico, sfidano famelicamente il potere di Dio: il popolo che conduce, con la loro torre altissima, l’assalto al cielo, è una massa che si muove, altro tema attualissimo, una massa è senza mente, non conosce la differenza, è un corpo unico, senza pensiero: un solo popolo, una sola lingua, senza pluralismi.

Dio scende dal cielo, sparpaglia il “solo popolo” divide le lingue e ci suggerisce, cuore del pensiero democratico ante litteram, che l’unica possibilità per stare insieme è imparare la necessità della traduzione, tradurre la lingua dell’altro, la nostra lingua non è la sola lingua, lo attuiamo anche nelle relazioni di coppia, che fatica!

questo è il principio primo della democrazia.

La Bibbia non è un testo religioso, la Bibbia critica aspramente gli idolatri, l’uomo religioso, mai, mai l’ateo!

Non fa sconti a nessuno: l’inizio del mondo è sangue è fallimento, non conosce fratellanza, amore, Caino e Abele, Giacobbe e Isaù, si uccidono già nel ventre materno, Giuseppe svenduto dai fratelli ai Beduini…Questo ci suggerisce che la fratellanza non è un legame di sangue, bensì una difficoltosa costruzione.

Nelle Ecclesiaste, bellissime, primordiali, crude, Coelet, il predicatore, ci dice che la morte è nel nostro destino, noi siamo un soffio, un vapore, il correre un attimo sotto il sole, bellissimo…un incidente nell’eternità, è l’inutile affannarsi dell’esistenza, il divenire converte l’essere nel nulla, fin dal primo alito siamo destinati alla fine …

Cosa ci resta?

Ed ecco che il mio profetico sogno da poco più che bimba prende corpo…

Coelet ci dice…

Mangia con gioia il tuo pane

Bevi tutto il tuo vino

In ogni momento della tua vita vestiti a festa

Né manchi olio profumato sul tuo capo

Goditi la vita con la donna che ami per tutti i giorni della tua assurda esistenza fugace

Perché è questa la tua parte nella vita, e tutto ciò che capita alle tue mani di fare fallo con decisione, perché non ci saranno più attività, più risultati, più sapienza, nell’al di là, nella fossa in cui tu stai andando.

L’appello al godimento della vita, fa pensare molto, quando Gesù disse di guardare ai nostri veri maestri, gli uccelli nei cieli, i gigli nei campi, non hanno futuro, fare di ogni oggi il tempo eterno della vita.

La famiglia aubrey- Rebecca West-Fazi Editore- recensioni-

Un romanzo, uno spaccato di un’epoca, dalle pagine scritte, si odono le voci che cinguettano, il profumo dei biscotti appena sfornati per l’ora del tè, il frusciare delle vesti, i desideri, le delusioni, non solo di fanciulle di fine ‘800,ma, il sogno di una Società alla fine, a cavallo fra due secoli.

Una famiglia che dà origine ad una vera e propria saga, è ispirata alla storia biografica dell’autrice, ma la penna sagace e selvaggia di Rebecca West la rende musicale, cinematografica, poetica…ci perdiamo ad un ceto punto, e ci pare di ascoltare il violino maldestro di Cordelia, o di vedere gli sguardi persi e preoccupati di Clare la mamma… volta a preservare le apparenze di una classe sociale in declino, e a mettere insieme il pranzo con la cena…

Un dipinto: festoso, lirico, tutto trova una collocazione gioiosa, il Natale, poverissimo e prezioso, gli abiti per le gemelle rifatti di nascosto da Clare, utilizzando, a sua volta, i suoi stessi dismessi… le ore di Piers, il papà, nello studio ad intagliare il legno  per le case delle bambole, i piccoli doni, pensati, per l’amatissima cugina Rosamund… ed intanto il pentagramma volteggia in tutta la vecchia dimora…

Isabel Fairfield, questo il vero nome di Rebecca, scrive sotto pseudonimo, grandissima scrittrice, a ragion veduta considerata fra le più grandi…un gigante della letteratura inglese, il periodare è fluidissimo, tagliente, ricco di aggettivi, dei quali tutti essenziali in un gioco continuo di sfumature caleidocopiche.

Da leggere a piccoli sorsi, per assaporarlo, e gustarlo: ogni pagina riserva una sorpresa, non di accadimenti veloci ed incalzanti, è lo slow life che impera, ma di sfumature poetiche e liriche di vita quotidiana.

in una parola – bellissimo-

Se Dio c’è- o il discernimento nell’epoca dei follower-

Dal Paleolitico ad oggi, se Dio c’è, l’uomo se lo chiede da sempre, anche i laici, i cosiddetti uomini di ragione, viviamo tutti noi il senso del mistero, o come io amo chiamarlo il senso del religioso…l’uomo, anche solo per la paura della morte, non può rinunciare al senso dell’Assoluto, Wittgenstein più o meno diceva -chiamo Dio il senso della vita- Sant’Agostino nelle Confessioni- è colui che è nel più profondo di me stesso, e allo stesso tempo il più lontano dalle mie paure-

La religione, quindi, non un insieme di pratiche, liturgie, ma una visione…una visione del mondo, il senso alla vita alla morte.

Non è neanche vana curiosità intellettuale, ma è qualcosa di drammatico che entra in gioco solo se ognuno di noi è pronto ad affrontare il travaglio umano, non è neanche il negativo, il male, mi vengono in mente i pastori itineranti, i padri gesuiti col memento mori, altrettanto non è lo stolto stupore di fronte alla gioia, al positivo, al senso della bellezza o del sublime,o, ancora gli esistenzialisti del ‘900, soverchiati dal male di vivere…no…non è questo, ma è l’incontro-scontro perpetuo fra questi aspetti, lì sta il mistero il religioso.

La realtà non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi si pone il senso della propria vita con serietà e colui che ciò non importa, adagiato su ciò sarà immutato.

Qui si pone il discernimento, parolone…dis-cernere, dis-separare, cernere, scegliere…oggi noi schiavi del popolarismo attraverso i follower…dobbiamo discernere: orientarci attraverso la separazione e la scelta, discernimento allo smarrimento contemporaneo,noi tutti che esistiamo in relazione non a noi stessi ma alla società.

che cos’è il discernimento se non un “sentire” di natura etica e misterica, di una cultura storico-religiosa per poter decidere?

ma il discernimento ha anche e soprattutto una valenza laica, che risponde al famoso imperativo categorico, gli imperativi della nostra coscienza, quel comando interiore, la vocina che spieghiamo ai nostri bambini, che determinano la nostra responsabilità verso il prossimo, ma anche il senso stesso della nostra dignità.

Ed allora, fra le pagine di Zavoli scorgo” Ama il prossimo tuo come te stesso” e che basterebbe rileggerci ogni tanto i Dieci Comandamenti per ricordaci dov’è Dio, e dove siamo noi.

 

Taccuini- Alexis- Marguerite Yourcenar-

O ” Il trattato della lotta vana” appartiene alle prime pubblicazioni della Yourcenar, 1929, tra i pochissimi testi non rimaneggiati da Marguerite, argomento illecito un tempo appena traguardato nei nostri giorni, per questo mi è piaciuto immaginare di proporlo, perchè è oggi più che mai attuale.

Basta guadarci attentamente attorno per cogliere il dramma di Alexis e di Monique continuamente vissuto finché il  mondo reputerà di sbarrare in qualche modo o proibire le realtà “sensuali”, termine tanto caro e pertinente usato dalla Yourcenar.

Alexis è scritto in prima persona,” questa lettera, amica mia, sarà lunghissima”, accorato lo stilema, pregno il respiro fin da subito, …” si è sempre così poco chiari quando si tenta di essere completi”…è il ritratto di una voce, è una visione, del rapporto di Alexis con la sua giovane moglie, delle cortesie tra loro, delle tenerezze…Alexis racconta, si spiega, suffraga le proprie inclinazioni, che ai nostri giorni risulterebbero artificiosi.

Alexis abbandona Monique…semplicemente…alla ricerca di una libertà sessuale…

Tutto è mormorato, bisbigliato ed affidato alla penombra di una camera, dove il non vedersi garantisce una totale confessione, perché spiegare la propria vita è ben più difficile del viverla.

La percezione, quasi profetica, in momenti dell’esistenza in cui siamo già ciò che saremo, squarci temporali raccontati con grande afflato, la preghiera alla moglie di non saltare nessuna delle righe scritte tanta è la fatica.

La narrazione degli errori, il più terribile, il silenzio: il silenzio commesso a se stesso, bambino.

Quando lessi Alexis ero poco più che adolescente, una giovane donna, e fu il primo romanzo della Yourcenar che affrontai, mi piacque lo stilema in prima persona, l’accoramento, la sofferenza del protagonista, la presenza fra le righe di Monique, ecco, è una delle grandezze di questo manoscritto: mai descritta, muta e assorta, consegnata alla segretezza della sua esistenza, la giovane moglie si profila, come un’immensa ombra e lui, Alexis, troppo raccontato, troppo fragile, un affastellamento barocco.

Alexis, o, Il trattato della lotta vana, è un gioiellino di questa piccola grande donna…da leggere!

-Quando inizia la nostra storia- recensioni-Federico Rampini-

La storia! una volta si recitava “magister vitae”, una disciplina, un metodo, un viottolo illuminato che dovrebbe guidarci… perlomeno per non iterare gli stessi errori: tre sono le chiavi di volta per interpretare l’esistenza, coacervo alchemico, la storia, la filosofia, la religione.

Oggi è proprio la Storia su cui mi voglio intrattenere, in occasione dell’uscita di ” Quando inizia la storia” di Federico Rampini, da leggere tutto d’un fiato, una boccata di cultura, di pensiero, di ragionamento, di spunti di riflessione: se non la si conosce ognuno vive a modo suo, e a regolare la propria vita io-se stesso e non il noi! Sembra che si siano dimenticati i cicli Vichiani, i corsi e ricorsi, però loro puntualmente non hanno dimenticato noi e ci chiamano all’appello, e come il tormento di Sisifo, Lei, la Storia, si ripete senza sosta con le stesse modalità!

E sì, chi non conosce la storia è condannato a ripeterla, invece, se riusciamo a decifrarla, leggerla, riusciremo ad esercitare le nostre scelte nell’intimo e ad occhi aperti, lucidi.

Rampini, in questo meraviglioso testo, per indagare la storia usa delle mappe, le date fulminanti, già Stefan Zweig condusse una ricostruzione simile attraverso i momenti stellari della storia dell’umanità, Rampini fa di più: individua dietro ogni conflitto geopolitico, o focolaio di guerra, le storie millenarie dalle quali non ci possiamo esimere noi nel non considerarle: imperi, civiltà,influenze che credevamo tramontate, ma è assai stolto che ciò è stato non rimanga permeato e permeante, ed è lì in quei richiami che c’è la genesi di ogni cosa…

Un folle volo, senza il quale Ulisse eroe moderno non sarebbe arrivato a noi, attraverso l’invenzione della stampa, la scoperta dell’America, facebook, i social e l’impatto, il concetto di democrazia, di stato-nazione e tantissimo altro…

In tempi come quelli che viviamo, inquietanti, è proprio nello studio della storia che potremmo trovare conforto, lucidità, abbattere la superficialità di un giudizio e non darne affrettati.

Cicerone.” La storia in verità è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria,maestra di vita, messaggera dell’antichità.”

Da leggere, leggere e rileggere

lo trovate in edizioni Mondadori.

 

-Abbecedario filosofico-Recensioni-Emiliano di Marco-La Nuova Frontiera-

Cosa c’è di meglio della filosofia per imparare a leggere il mondo?

Tutte le sere io e la mia bimba scegliamo una lettera ed indaghiamo…proprio così indaghiamo, ci siamo imbattuti in temi come il tempo, come spiegare il tempo ad un bimbo di quattro anni e mezzo? io, mamma, sbigottita ed attonita, una vertigine l’ho avuta: ma i bambini ci stupiscono, ci meravigliano, ci strappano sorrisi estasianti…” T come il tempo”…bimba…c’era una volta adesso, c’era perché adesso non c’è più è già passato…lei mi guarda, concentrata e attenta: adesso è tra il passato e il futuro..”.- Mamma conta con me tutti i minuti fino ad un anno, così arriva subito”!-

Ecco come ci stupiscono, ed ecco perché è importante avvicinarli alla filosofia fin da piccoli, perché il cervello è un muscolo e come tale deve essere allenato, imparano a ragionare! Non commettiamo l’errore di pensare che non capiscano o che sia troppo difficile, loro sono più speculativi di noi!

abbecedario

Un viaggio tra mille domande dalla A alla Z :

“A” come amore: un rimaneggiamento adattato ai bambini del Simposio di Platone: un uomo ed una donna uniti come Giano bifronte felicissimi e fortissimi, divisi dagli Dei, e da allora ognuno è alla perenne ricerca dell’altro…poetico…le anime gemelle.

“L” come libertà…cos’è la libertà se non il suo opposto? attraverso il quale solo si definisce e si manifesta?

Lo consiglio, è un bellissimo testo di riferimento…da tenere sul comodino dei nostri piccoli, mai come oggi abbiamo bisogno di far crescere bimbi che pensino e ragionino.

 

-I libri senza tempo-quali e cosa sono?-

I classici, i classici…la nostra anima vive di totem, di archetipi, essi vivono di luce propria, e non risentono del tempo…che passa…che muta, sono quei libri che catturano le metafore dell’anima, in ogni dove ed in ogni tempo.

Come non avvicinarsi alla tragedia greca, è l’essenza del tragico, così vicina all’uomo del nostro tempo, allora come oggi l’essere umano ha bisogno di dare un senso alla vita, in vista della morte, ma, Dio? l’uomo antico non aveva percezione dell’anima, la morte era implosione ed esauriente…allora come la mettiamo? La tragedia non è un genere letterario ma la summa della grecità, e mai in epoca cristiana un’opera tragica raggiunge la stessa essenza, perché è sottesa la prospettiva della salvezza!

Proprio la dimensione ottimistica dell’occidente cristiano ha spazzato via il senso del tragico greco, lo scacco finale ed ineluttabile.

” senza tempo” sono quegli scritti che appartengono non ad un’epoca culturale o storica ma ad una condizione della psiche, sono qui libri che hanno colto la simbolica, ancestrale ed archetipa, a cui per esempio il tragico ed il suo senso appartiene, nonostante la nostra cristianità e il senso salvifico.All’interno delle opere tragiche le figure che si muovono sono eterne come eterni i demoni tragici che abitano la nostra psiche,e che, cercano con maestria i loro totem all’interno di quelle opere senza le quali non troverebbero e parole per esprimersi.

Il dolore e la sofferenza per esempio nella “Montagna incantata” il sanatorio di Thomas Mann, la malattia…ma i malati veri sono lì in fondo alla valle, i sani.

Oppure che ne sappiamo del sotto della nostra coscienza se non ci siamo mai addentrati “Nelle memorie del sottosuolo” qui Dostoevskij è spietato e nudo. O del senso di nausea che Sartre proprio nella ” Nausea” ci fa avvertire, che si placa solo alla sera quando “io e le mie cose usciamo”…al buio.

E che ne sappiamo della guerra e della pace così mirabilmente narrata, descritta, respirata, affrescata, attraverso le vicende dei personaggi, “Guerra e Pace” di Lev Tolstoj, sarebbero due paroline da notiziario…

Eccoli e tantissimi altri, coincidono con i reconditi della nostra anima, dove scorrono i nostri pensieri, paure, sentimenti, vertigini, emozioni, demoni, che, grazie a quei “senza tempo, classici, trovano i sentieri per esprimersi e venire alla luce.

 

-La filosofia genera individui pensanti-

E’ indiscutibile che la filosofia sia imprescindibile all’individuo, né utile né inutile, qualsiasi scelta noi operiamo è dettata dalla Ragione, ossia, da una scelta filosofica: per predisporre leggi, per ragionare e commentare un notiziario, per muoverci nella vita, dobbiamo che ci piaccia o no, consapevolmente o inconsapevolmente fare una scelta di “ragionamento”…è la storia delle idee è la capacità di operare una “critica” e “selezione” di ciò che scegliamo,e, si presuppone, in seguito facciamo.

Anche se appare il contrario, l’uomo del nostro tempo è alla ricerca disperata e spontanea di quesiti che lo attanagliano: di natura filosofica.

Eppure invece di inchinarci tutti a questa necessità che ci renderebbe liberi, sembra che si ricerchi il suo esatto contrario: l’incompetenza generale, l’incompetenza al potere sembra abbia sostituito “la visione” al potere, quella degli anni ’70 tanto per intenderci, la visione come sistema di lotta per riequilibrare la società, trovavamo quella visione nelle pagine di Marcuse per esempio… Adorno…erano parole forti e pesanti per abbattere il sistema imperialistico e borghese: gli operai nelle fabbriche si nutrivano di quelle parole, erano liberi e combattevano per la loro emancipazione e per i loro diritti,leggevano, studiavano!

Ora la lotta contro il sistema dell’ élite, della finanza globale, si opera attraverso il rifiuto delle competenze, e, ingenuamente “capestrando” la cultura umanistica, per fortuna il numero di iscrizioni al liceo classico è impennato vertiginosamente.

O i filosofi diventano re dei nostri stati, o i problemi che minacciano i nostri stati e il genere umano non avranno mai fine, il potere politico e il pensiero filosofico si devono tenere per mano.

pensiero greco

Non si può essere uomini se non si è filosofi!