Alla volta di Cap d’Antibes, l’auto sfrecciava veloce e sicura, Aretha Franklin cantava I say a little Prajer, muti, assorti, sedotti, da ciò che li attendeva: un albergo dalla facciata rosa sbiadito, persiane e un vialone che conduceva alla plage de la Garoupe: siepi di rosmarino, aiuole fiorite, il grande cedro, le palme…poi finalmente il mare e il cielo in un unico nastro.
Celebrare l’epopea della Cote era quello che gli riusciva meglio.
Un rumore sordo e voilà né avanti né indietro, fermi!
-Sai che c’è? Mentre tu controlli io prendo il sole-un beauty rosso come sgabello, uno svolazzante abito bianco, ed una paglia di Firenze sulla testa: mai celebrare il rito della Cote senza una paglia di Firenze; l’aria secca e profumata, il boschetto di eucaliptus faceva degnamente il suo lavoro, le cicale… incredibile quanto quel lembo di terra sembrava ancora incontaminato: no mare inquinato, no snack bar, no distributori di benzina, no ressa di bagnati, no costruzioni di cemento dai nomi altisonanti, no finti ricchi con ansia da ferie, no patatine fritte congelate, no traffico e paranoie, no clacson…poi all’improvviso, un fetore di benzina e nafta, un furgone si era ribaltato lastricando la strada con il suo carico: le famose mozzarelle di bufala della Cote! Eh, no eh, non mi potete rovinare tutto! Cuffie nelle orecchie e Bach sia, le Variazioni Goldberg: le insegue ad una ad una, sono trenta, iniziano piene di luce, poi si adombrano e si inquietano emotive e distoniche proprie come l’uomo poi risorgono e si ritrovano nella conclusione, l’ultima aria pare uguale a quella iniziale, ma non è così, siamo diversi noi non più come prima. Il sole sulla Cote è tramontato, tutto è terminato…può ripartire.