Parlare, o meglio, scrivere di labirinti, non è semplice, di per sé complicata è proprio la tematica, li conosciamo, ci affascinano, da millenni popolano prima il mito, poi la storia, ed in seguito la metafisica degli psicologi, ma cosa sono?
Iniziamo col dire che hanno radici antichissime, mi viene in mente il più noto, il Labirinto di Minosse, terra del mito, ma già lì vi è anche il suo risolvimento: arduo, difficile,tortuoso,ma dall’esito sicuro… insomma da un labirinto prima o poi si esce, ma il senso di smarrimento che ne deriva rasenta l’angoscia, esperienza fisica di un luogo che diviene esperienza metafisica di un non luogo, quando si dice personalità labirintica…ma la fascinazione e l’attrazione che i labirinti esercitano sull’uomo non hanno età, la prova geografica che l’uomo ha un appuntamento inderogabile: l’esplorazione di sé.
“Giardinisticamente”li datiamo tra la fine del XVI e il XVIII secolo, “Irrgarten” in tutti i giardini d’Europa, dotte allusioni culturali per convegni amorosi, dove, ovviamente, lo smarrirsi calzava a pennello!
Ma quello che mi preme oggi raccontarvi, è la costruzione deliberata e l’esito inquietante che il labirinto manifesta, compare costante l’idea del viaggio misterioso ed errante in una struttura predeterminata.
Allora quello che mi chiedo è, ma è così impossibile, allora perdersi fino in fondo?
Vi propongo una bella visita in questi giardini rompicapo, per esperirne, quale migliore occasione le vacanze?
In Lazio troverete Castello Ruspoli, il cui giardino è tra i più belli d’Italia, troverete dodici labirinti di bosso, o in Sicilia, il castello di Donnafugata, labirinto realizzato con muri a secco e se proprio volete perdervi e forse non ritrovarvi più, in Francia il castello di Chenonceau, un labirinto di 1500 mq realizzato con duemila piante di tasso, qui l’emozione è assicurata!
E ricordiamoci che per ritrovarci sempre dobbiamo perderci!
Buone vacanze
la vostra psico-terra-peuta