Esprime, imprime, l’eterno gioco del dal di dentro e dal di fuori: è così che ci ricordiamo la differenza fra Espressionisti e Impressionisti, termini così facile da confondere… ma solo all’ apparenza: si esprime un’azione che nasce dall’ intimo e trova respiro e legittimazione fuori da sé, s’imprime,invece, l’azione che nasce
dall’ esterno e che trova rifugio e riflessione nell’ intimo.
E proprio così nella seconda metà dell’ ‘800 nasce quella corrente di pensiero che vede gli artisti armati di valigiette e cavalletti popolare, le sponde dei fiumi, le colline dei parchi cittadini, i ristorantini a ridosso di campagne amene,i giardinetti delle case di campagne animati di ridenti orti. L’Impressionismo, appunto!
Nell’ottocento i pittori portano all’aperto le tavolozze per cogliere ed “imprimere” su tela le “impressioni che la Natura, nelle sue mutevoli fogge e declinazioni, suggerisce, non c’è soggetto che non sia degno di attenzione: cespugli infuocati dai bagliori autunnali, le splendide fioriture primaverili degli alberi da frutto (siamo a ridosso dell’orientalismo, non dimentichiamocelo), ma anche le abitudine della vita quotidiana, o le colazioni plein air, romantici cesti da pic-nic fanno capolino sulle tavoglie “spalmate” languidamente su erbette invitanti, ed ancora trionfi di dalie, zinnie, tra bordure miste, vengono celebrate sulle tele. penso ad esempio a ” La strada da Versailles a Louveciennes” di Camille Pissaro 1870, ma quello che è veramente innovativo è la funzione della luce sui dipinti:la scoperta della natura è continua, ma le vibrazione dei fasci di luce o delle sue emanazioni è ciò che veramente rende unico ogni filo d’erba, ogni bordura, o i riflessi dell’acqua.
Ed allora si verifica proprio quello che prima si diceva: la Natura entra in simbiosi con tutto ciò che la circonda, ma soprattutto con lo stato d’animo di chi la osserva “impressa” su tela, non è più esterna da sè, lì distante e assorta, ma si è rifugiata fra le pieghe dell’animo di chi la spia sulla tela.
Claude Monet “Prima giardiniere e poi pittore” come lui amava definirsi, forse è l’artista che più di ogni altro abbiamo presente quando pensiamo all’Impressionismo, ed allora dalla sua residenza di Giverny, fra pergolati di rose e glicini l’aria si fonde con i giochi di luce : “l’angolo dello stagno a Ginervy” o i “Glicini” .
Qui realizza la fusione tra l’arte del giardino e l’arte della tela, nel parco le fioriture si alternano in macchie di colore che inseguono l’alternarsi delle stagioni, le nifee nell’acqua dove si specchiano salici, tutto si fonde nei giochi di luce e di aria, le forme canoniche si dissolvono e rimane proprio la sensazione, l’impressione, e quello che si percepisce è l’onirico della bellezza
la vostra psico-terra-peuta